Il vino biellese
Giacomo Marchiori
Formato: 24x22 cm, 132 pagine
La mia è una famiglia di gente che lavora. Lo zio Enzo che abitava a Quaregna, lavorava nelle vigne del conte Lachenal di Cerreto. Sposó Angiolina, sorella di Emilia e suo cognato, nonno Vittorio, aveva aperto a Cossato una piccola officina che costruiva torchi, pigiatrici, aratri. Con la Seconda Guerra Mondiale si ritirò: conduceva la sua vigna, la sua stalla, il suo orto. Lasciò tutto in eredità a mio nonno, Celestino: anche lui, dopo la giornata in fabbrica “dal Gaudino”, prendeva la “boita” in spalle e andava a dare l’acqua. Saltammo una generazione, come tutta la viticoltura biellese. Ricordo ancora quelle file alla Binella cariche di uva, quei pomeriggi con la prima nebbia di Ottobre in cui lo aiutavo a raccogliere e pestare e quando si festeggiava con le caldarroste e il vino appena fermentato. Con il peso degli anni, con le viti vecchie e malate, senza più la speranza di qualcuno che continuasse il suo lavoro, estirpò tutto. Nel Gennaio 2014 decisi di ripiantare alcune file di Spanna nel “ciòs” di fianco al Noce, vicino alla Binella. Ora che le viti stanno crescendo, da lontano vedo che il nonno ogni tanto si ferma a contemplarle, in silenzio, fermo senza fare nulla, forse ritornando col pensiero a vecchi ricordi vissuti tra i nodosi ceppi e i pali storti, tra le larghe foglie e i grappoli che si colorano con il passare del tempo. Penso e mi ispiro alla mia famiglia come esempio di vita, dedita al lavoro, all’impegno, alle soddisfazioni che giungono lentamente. Lentamente, come matura una grande uva. Lentamente, come si evolve un grande vino. Lentamente, come si vive una grande vita.
L’autore