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Mondongo

28,00 €

Formato: 21x28 cm, 192 pagine

ISBN ISBN 978-88-97816-29-4 ISBN 978-88-97816-29-4
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La sfilata di immagini che nutre il gruppo Mondongo appartiene all’attento registro delle loro esperienze reali rimestate con influssi digestivi della grande tradizione culturale. La quale si installa in una concezione più ampia, carente di proclami programmatici, poiché questa cultura visiva forma parte costitutiva del loro proprio DNA.

Non è un dato minore il fatto di essere nati come gruppo, presto divenuto binomio artistico. Questa condizione pluralista è stata il detonante che stimolò la loro provocatoria attitudine, tradotta in un singolare sviluppo sperimentale, caricato di una materialità significante. Elementi che ab origine appartenevano a un uso differente —pezzi di carne, plastilina, fili, diversi materiali amalgamati con ricette segrete— si trasformano in soggetto-oggetto della loro prassi pittorica.

La stranezza dei materiali scelti crea sentimenti di attrazione e repulsione, che svelano caratteristiche somatiche e semantiche di un realismo spesso parodistico e scioccante, dove si coniugano tutti i verbi pittorici.

Dettagli ossessivi costituiscono forme e colori che risaltano la loro sapienza pittorica con magniloquenza e effetti sconcertanti, interferiti da referenze culturali che vanno dalla tradizione remota, la classica, alla reinterpretazione contemporanea.

Le loro opere sono impregnate da una inquietante melanconia romantica che inonda i loro paesaggi. Anche non completamente: sempre includono un occhiolino ironico impercettibile, come nei loro polittici, ambientati in una panoramica ellittica, che racchiude un’allegoria marcata dalla coscienza terrificante di un fluire eracliteo, dove la vita e la morte si succedono nell’incerto divenire del tempo e la natura diventa prova tangibile della sua esistenza.

La loro arte incontra un micro territorio dove la grandezza inafferrabile della natura comporta mitologie personali collegate a una memoria selettiva delle loro emozioni più intime, espresse magistralmente nei loro ritratti, tanto gli eventuali come i familiari. Un esempio qualificante è quello emblematico del controverso scrittore, loro amico e mentore R. E. Fogwill, nel quale la sua condizione umana è smascherata nei solchi del suo volto con fili graduati che disegnano il suo drammatico tramonto, sublimato in una intangibilità emozionale che respira, latenza irraggiungibile questa che si avverte ad ogni incrocio che incarnano le loro opere.

La prossimità oggettuale è il limite del dettaglio di questi “ritratti viventi” che li trasporta verso una fuga irrimediabile, il cui camuffamento —di apparente crudezza— rivela la forza liberatrice di questa accattivante materialità oggettuale con la quale tingono la superficie che occupano. Come in quelli teschi babelichi di plastilina che sembrarebbero fagocitare la storia tutta del genere umano.

Sotto questo contaminante fascino emerge una sospettosa fragilità che si nutre di un presentimento di irrealtà, insinuante della precarietà dell’universo. Questo paradosso si nasconde nella concettualità delle loro osservazioni, dove il reale, in permanente mutazione, diventa rappresentazione della vita stessa.

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